Un giorno, mentre il monaco Baso sedeva in zazen, il suo Maestro gli passò accanto e gli chiese cosa stesse facendo.
“Voglio diventare un Buddha”, rispose Baso.
Subito, il Maestro raccolse una tegola e cominciò a lucidarla.
“cosa stai facendo?”, chiese Baso
“Sto lucidando questa tegola per farne uno specchio”, disse il Maestro.
“E’ ridicolo”, rispose Baso. “Come si può, lucidando una tegola, farla diventare uno specchio?”
“Come può il tuo zazen farti diventare un Buddha?”
Dogen Zenji, il fondatore dell’Ordine Soto Zen, ha scritto:
“lo zazen di cui parlo non è apprendimento della meditazione. È la manifestazione della Realtà ultima. Trappole e sotterfugi non potranno mai raggiungerla. Dovete rendervi conto che proprio là, nello zazen, il Dharma manifesta se stesso, e che fin dall’inizio stupidità e distrazione sono allontanate.”
L’autentica pratica dello zazen non è un mezzo per raggiungere un fine. È un fine in se stesso. Ecco perché Dogen Zenji ha affermato che non è apprendere la meditazione. Se cercate di imparate qualcosa attraverso la meditazione, la meditazione diventa un mezzo per un fine. Se usate lo zazen come un mezzo, lo zazen non è che polvere. Che lo pensiamo come polvere di ferro o polvere d’oro, non vi è alcuna differenza. Anche se è polvere d’oro quella che entra negli occhi, fa male uguale.
Di solito crediamo di poter conseguire la saggezza facendo zazen. Ma, fin dall’inizio, lo zazen non è nient’altro che saggezza. Se non capiamo questo punto, ci sarà qualcosa che puzza nel nostro zazen. Sarà zazen intellettuale, solo l’idea dello zazen. Potrebbe sembrare zazen, ma non lo è. È solo la nostra mente confusa e agitata ogni giorno.