Il 9 e 10 novembre 2019, al tempio Zen Ten Shin di Napoli, abbiamo ospitato il Maestro Norio Nagayama, della scuola Bokushin, per guidare la pratica dello shodō, l’antica arte giapponese della scrittura.
Ci si appassiona alla pratica della calligrafia, il tempo passa veloce e due giorni volano…
Quel che resta fra le mie mani, sono sottilissimi fogli di carta di riso, sui quali, questa volta, ho scritto alcuni versi del Maka Hannya Haramita Shingyo il Sutra del Cuore.
Il tema di questo seminario di shodō, scelto dal Maestro Nagayama è stato l’ideogramma “色”, si pronuncia shiki, o iro, ed è tradotto come forma o colore.
Alla fine del seminario, come è consuetudine, dopo aver praticato su fogli piccoli, si realizzano delle calligrafie grandi su grandi fogli di carta di riso. A ciascuno il suo compito, al Maestro Nagayama quello di giudicare le nostre opere.
Arrivato il mio turno, il commento del Maestro: “uhmm, bello…. molto erotico!”.
Anche questa volta il Maestro è riuscito a spiazzarmi.
Rimango perplessa chiedendomi come riesca a vedere un ideogramma erotico e cosa c’entri, l’erotismo in un ideogramma che appartiene ad un sutra, forse il più famoso.
Shiki è un ideogramma complesso e colmo di significati, deriva dal pali ‘रूप’ (rūpa), ed è utilizzato dal Buddha per descrivere l’intera esistenza fisica ed il mondo materiale. Quel che non ci si aspetta viene talvolta rivelato, questo ideogramma evoca concetti di sostanza e sensualità.
Guardo l’ideogramma ‘色’ shiki e decido di approfondirne il significato. Generalmente, scomponendo il kanji si arriva ad una spiegazione che va molto oltre l’immagine che ne deriva da un primo sguardo.
Questo kanji sembra rappresentare una persona in ginocchio, come in un rituale di adorazione, ma anche una persona che nell’atto di realizzare un desiderio carnale.Ecco perché shiki un ideogramma erotico, un kanji al quale si associano sfumature di sensualità.
Altre ricerche mi portano a scoprire che lo stesso ideogramma è utilizzato anche per indicare l’erotismo di un gesto o quello di una persona. Tutte le definizioni concordano sul fatto che in questo ideogramma è possibile riconoscere una dimensione corporea e sensuale.
Ma andiamo ad analizzare meglio l’ideogramma e la sua composizione.
La particella superiore sembra una contrazione per “刀” che rappresenta un coltello, una spada o persino una moneta a forma di coltello (monete utilizzate nell’antica Cina per gli scambi commerciali). I dizionari suggeriscono che “刀” come viene usato in “色” sta per “人”, che significa “persona” o più specificamente “essere umano”. La particella inferiore è scritta come “巴” e associata a “卩”, si riferisce ad una persona inginocchiata per rispetto (come durante un rituale o una cerimonia).
“巴” si riferisce anche all’uso del corpo e ai suoi sensi, quindi può significare una relazione sessuale tra due corpi, ma include, in senso più ampio, l’intero mondo fisico come sperimentato attraverso i sensi (compresa la mente umana).
In origine “巴” rappresentava un serpente. Trovo molto interessante il fatto che il termine pali “रूप” (rūpa), tradotto nella lingua cinese come “色”, indica l’intera percezione mente-corpo, così come esiste nel mondo materiale.
La “mente” come la definisce il Buddha, non è separata o distinta dal mondo materiale in cui si concretizzano i sensi, dove percepisce, interpreta o proietta significati.
Il Buddha colloca la materia (rūpa) come la prima nel suo insegnamento dei cinque aggregati e la definisce come composta dai quattro grandi elementi: terra o solidità, fuoco o calore, acqua o coesione, aria o movimento.
Nell’Abhidhamma Pitaka, uno dei testi fondamentali del canone buddhista e successivamente nella letteratura pali, rūpa viene ulteriormente analizzato in termini di dieci, ventitre o ventiquattro tipi di materia secondaria o derivata. Nell’elenco dei dieci tipi di materia secondaria, vengono identificati i seguenti: occhio, orecchio, naso, lingua, corpo, mente, suono, odore, gusto, tatto, che ritroviamo citati nel Sutra del Cuore.
Tutto questo in un ideogramma ed in un breve seminario di shodō. Le calligrafie realizzate con pennello e carta grandi sono tutte bellissime!
Sfugge la “forma” o il “colore” all’osservazione veloce.
Resta il privilegio, nella pratica della scrittura, di dar forma alla “forma” con pennello e inchiostro, tenendo a mente le parole del sutra:
“shiki soku ze ku, ku soku ze shiki”, ovvero “la forma è vuoto, vuoto è forma”