Il culto dei morti in Giappone è molto sentito, e le celebrazioni per i defunti durano tre giorni, dal 13 al 15 agosto.

Si tratta di giorni di festa durante i quali la gente torna nei luoghi natii e visita e pulisce le tombe dei propri antenati. Questo perché si ritiene che gli spiriti degli antenati rivisitino i luoghi dove hanno vissuto, le loro tombe, gli altari domestici e le case dei loro discendenti. Per prepararsi nel migliore dei modi all’incontro con gli spiriti, è infatti abitudine pulire completamente la casa e prepararsi come se si aspettassero degli ospiti.

Questi giorni di festa si chiamano “O Bon”.

Questa festa viene celebrata in Giappone da oltre cinquecento anni e comprende tradizionalmente una danza, conosciuta come “Bon-Odori”.

È anche abitudine andare a trovare i parenti che non si vedono da tempo, o di rincontrare vecchi amici. Intere famiglie si riuniscono anche nei cimiteri, offrendo cibo e bevande alle tombe dei propri cari, consumando anche loro stessi dei dolci o del cibo.

Nelle abitazioni si allestiscono gli altari domestici con decorazioni, cibo e dolci da offrire agli antenati. Si accendono una o più lanterne davanti la porta di casa per indicare ai cari estinti la via da seguire per ritornare a trovare la casa e i propri cari.

In realtà, l’espressione completa per O Bon è “Urabon-e”. Deriva dal termine “Ullabana”, un’antica parola indiana.

Secondo il “Bussetsu Urabon Sutra”, l’origine di questa tradizione risale a una cerimonia eseguita da Shakyamuni Buddha per la madre deceduta di Maudgalyayana, uno dei discepoli diretti di Buddha.

La leggenda vuole che in un giorno di agosto il monaco Maudgalyayana ebbe la visione della madre defunta. Nella visione questa era sofferente per la fame. Maudgalyayana prese la decisione di alleviare il dolore della madre portandole cibo e bevande sulla tomba. Felice per aver liberato la madre da queste sofferenze, Maudgalyayana iniziò una danza di gioia. Da questa danza deriva il Bon Odori o “Danza Bon“, un momento in cui vengono ricordati gli antenati e i loro sacrifici. Alla fine della giornata festiva, la sera, molti giovani ballano attorno ad un fuoco, con canti scanditi dal suono di un tamburo.

Questa storia del monaco Maudgalyayana si è tramandata a lungo nei secoli, fino a diventare una leggenda da cui è nata la celebrazione.

Il termine Ullabana significa “essere appeso a testa in giù”. La leggenda vuole che la sofferenza fosse così intensa, da essere paragonata a quando si è costretti a stare appesi a testa in giù. Grazie a questa cerimonia la sofferenza del mondo in cui la donna aveva vissuto, fu rimossa.

L’ultimo giorno le celebrazioni terminano con una cerimonia al Tempio Zen.

Abbigliati con i tradizionali Kimono, che per il periodo estivo sono in cotone leggero, tutti i familiari si riuniscono al Tempio. Qui portano le rispettive lanterne fino a poco prima appese all’ingresso di casa. In questo modo indicano ai defunti la via per tornare alla loro vita da spiriti e lasciare in serenità questo mondo.

Al Tempio si officia all’uopo la cerimonia detta “O Bon Sejiki-e”, al fine di confortare gli spiriti degli antenati e assisterli nel vivere la loro esistenza nell’altro mondo serenamente. Questa è una cosa molto importante nella Scuola Soto.

O Bon Sejiki-e è una cerimonia per onorare rispettosamente gli spiriti degli antenati, per arrecare conforto agli spiriti degli antenati e assisterli nel vivere la loro esistenza nell’altro mondo serenamente e per chiedere una lunga vita per sé stessi e per i propri familiari. Si ritiene che questa cerimonia oltre a aiutare i nostri cari che non ci sono più, prolungherà la vita dei propri genitori e che rimuoverà tutte le loro sofferenze e tormenti.

Questa cerimonia riveste un carattere molto importante nella Scuola Soto.

“Se” vuol dire offerta, “Jiki” vuol dire cibo in Giapponese. Nel corso della cerimonia si offre infatti del “Nutrimento”, ma non a immaginarie entità.

In realtà la cerimonia non è diretta solo al ricordo dei nostri cari che non ci sono più. Vuole essere anche un modo per prenderci cura di parti di noi stessi che spesso non accettiamo o non vogliamo vedere e da cui a livello inconscio probabilmente vorremmo separarci. Queste parti, nello Zen si suol dire che sono abbandonate, odiate, dimenticate.

In tal modo si è esortati a riconoscere e accettare quello che non ci piace del mondo che consideriamo esterno. Ci insegna come vivere con tutto ciò che ci sembra distante da noi, ma con il quale in realtà siamo in una relazione di interdipendenza. Si tratta di una rara occasione per aprire il nostro cuore a ciò’ che ci è difficile accettare.

Alla fine della giornata, mentre il cielo inizia a scurirsi e le ombre della sera a calare, ci si reca presso fiumi, corsi d’acqua o al mare.  Si predispongono delle imbarcazioni in carta di riso contenenti delle offerte di cibo e una candela, per essere abbandonate alla corrente. Secondo la tradizione giapponese gli uomini nascono dall’acqua, per cui all’acqua il loro spirito torna.

Come ultimo saluto infine, quando ormai il cielo è diventato completamente scuro, si tengono dei bellissimi spettacoli pirotecnici, in segno di gioia per i nostri cari che sono venuti a trovarci e che vanno via in serenità e leggerezza.

Al Tempio Ten Shin la cerimonia di O Bon Sejiki-e si celebra di sabato mattina, nella data più prossima al 2 Novembre, la festa italiana in cui si ricordano i cari estinti.

Puoi unirti a tutti i praticanti del Tempio in questa bellissima occasione, per festeggiare insieme portando un piccolo dolcetto da riporre intorno all’Altare per saziare i propri cari e, recitando canti propiziatori, salutarli con serenità.

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